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Professioni nei Beni Culturali: proposte e confronti dalla viva voce degli operatori, accolti in un luogo simbolo dello Stato

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Ho organizzato il convegno sul tema I professionisti dimenticati: lavorare nei Beni culturali (Roma, Istituto Santa Maria in Aquiro, 18 dicembre 2017) perché nel corso di questa legislatura uno dei temi che più spesso mi sono ritrovata su tavolo, tema da affrontare e su cui riflettere per dare una mano a chi stava vivendo situazioni critiche, è stato proprio quello collegato alle professioni nei nei Beni culturali. Non si tratta solo di problemi legati ad una professione e alla condizione lavorativa di persone, e già questo comporta importanti riflessioni, ma di molto altro, perché legati a queste persone ci sono tutti gli aspetti della tutela, valorizzazione, conservazione, diffusione della conoscenza del nostro immenso patrimonio.

Le criticità che affliggono questo campo sono anche quelle che stanno portando ad un progressivo abbandono degli studi, col rischio di impoverimento delle risorse umane ed il pericolo, in futuro, di non poter adempiere al nostro diritto-dovere, anche di tipo costituzionale, di garantire ai cittadini la tutela del patrimonio artistico e la ricerca scientifica. Troppo spesso si dimentica quanto sia rilevante la ricerca applicata all’ambito dei Beni culturali, aspetto che è invece decisivo, specie per la conservazione e la fruizione della cultura.

Ho deciso perciò di ospitare l’incontro in una sede istituzionale del Senato. Valorizzare queste figure professionali vuole dire prima di tutto accoglierle in un luogo simbolo dello Stato. Inoltre, proprio questa accoglienza dovrà essere di buon auspicio per sancire un impegno affinché questo primo passo del riconoscimento simbolico preluda, nel prossimo futuro, al riconoscimento dal punto di vista giuridico di molte di queste professioni.

Un esempio su tutti: ho avuto la fortuna di incontrare un gran numero di archeologi, molti operano oggi in condizioni critiche. A loro va tutta la mia riconoscenza perché, grazie a loro, quelle che qualcuno in modo molto improvvido ha chiamato pietre, ci parlano, possono raccontarci il nostro passato.

Il nostro obiettivo è stato fare di questo incontro un luogo per la raccolta di proposte da parte degli operatori sul campo. Siamo impegnati nella definizione del programma sul tema dei Beni culturali e riteniamo perciò decisivo il confronto e la condivisione con i professionisti direttamente interessati.

Qui il VIDEO del mio intervento di apertura

 

GLI INTERVENTI DI SILVIA MANGIONELLO E GIULIANA GALLI

Da sinistra Giuliana Galli e Silvia Mangionello

SILVIA MANGIONELLO, RESTAURATRICE

Dico sempre: il mio lavoro è grandioso perché mi permette di vedere quanto di più bello possa fare l’essere umano.

Ogni volta che mettiamo le mani su un’opera d’arte abbiamo i brividi per il rispetto che si ha verso l’opera d’arte, verso l’artista e l’intenzione che è stata messa nel realizzare quest’opera… noi ci sentiamo sempre di rispettarla, a tutti i costi, tant’è che la famosa frase “E’ tornato al primitivo splendore” ci fa sorridere… perché se torna al primitivo splendore, qualcosa non è andato per il verso giusto!

Uno nessuno e centomila. La situazione dei restauratori di beni culturali è un paradosso tutto italiano

Questa situazione ha creato anche forti divisioni, già qui ci sono molte associazioni, invece dovremmo essere uniti se vogliamo che venga regolamentata questa professione.

Il lavoro del restauratore è molto particolare perché operiamo in sinergia con storici dell’arte, diagnostici, chimici del restauro, archeologi, archivisti… una posizione complessa, la nostra, a seconda del settore di competenza. Anche i materiali d’uso che utilizziamo sono molto importanti. Spesso siamo microimprese, ditte individuali, partite iva, ed è difficile resistere alle crisi finanziarie.

Guarda e ascolta tutto l’ intervento di Silvia Mangionello

 

GIULIANA GALLI, DIRETTORE A CONTRATTO DEL PARCO ARCHEOLOGICO APPIA ANTICA 

Ho conosciuto la senatrice Montevecchi sugli scavi di Villa dei Quintili, dove lavoro insieme ad altri colleghi da circa venti anni, è venuta ad interessarsi dello status della nostra professione di archeologo sul campo.

Ho lavorato per circa 12 anni come archeologa subacquea partecipando a progetti di studio, scavo e catalogazione i tutta Italia e ho fatto parte dell’Associazione Italiana Archeologi Subacquei, la prima in Italia nata nel 1993 e morta nel 2013 per dare spazio ad altre associazioni professionali che hanno cercato, ma purtroppo non hanno ottenuto, un testo normativo sulla sicurezza degli operatori scientifici subacquei.

Sono tra coloro che hanno perseverato. Molti però hanno rinunciato, chi ha aperto un banco al mercato, chi produce pasta, insegna. Come me si trovano invece i circa 4.500 archeologi, di cui 2.300 specializzati in grado di rilasciare verifica preventiva di impatto archeologico nei lavori pubblici.

Guarda e ascolta tutto l’intervento di Giuliana Galli

 

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