Ho voluto scrivere una lettera al quotidiano La Repubblica in merito alla gravissima introduzione del principio del silenzio-assenso nella tutela dei Beni Culturali contenuto nel disegno di legge a firma del ministro Madia. Questo il testo:
Caro Direttore,
l’istituto del silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche, quando si tratta di esprimere pareri o concedere autorizzazioni, non può essere utilizzato come strumento per sbandierare un condivisibile efficientamento della pubblica amministrazione, come invece fa il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia.
Non è infatti accettabile che un istituto giuridico nato per snellire procedimenti amministrativi di ben altra natura, venga esteso a un ambito come quello del nostro patrimonio paesaggistico, artistico e culturale che richiede necessariamente un approccio diverso, più attento e, se vogliamo, più cauto: abbiamo a che fare con opere d’arte millenarie, reperti storici a memoria d’uomo, che non possono essere ‘cementificati’ in 60 giorni e che spesso richiedono l’intervento di esperti che per esprimersi hanno bisogno di più tempo.
Per questo è scorretto sostenere che il silenzio-assenso obbligherà le pubbliche amministrazioni ‘lumache’ ad operare in tempi certi. E non si può far credere ai cittadini che se un’opera pubblica non viene realizzata, o viene realizzata in tempi biblici, la colpa sia delle sovraintendenze.
La buona intenzione di snellire la burocrazia che ingolfa il nostro Paese non può fagocitare tutte le pubbliche amministrazioni. Ci provarono Andreotti e poi Berlusconi durante i loro governi, ma poi loro furono costretti a fare un passo indietro. Lo stesso che auspichiamo voglia fare anche la Madia.
Portavoce M5S al Senato,
Michela Montevecchi