Nell’Italia a 5 stelle che voglio scuola e cultura sono pubbliche, accessibili e valorizzate.
MONTEVECCHI (M5S). Signora Presidente, nonostante l’Aula sia vuota, voglio richiamare l’attenzione dei pochi colleghi che siedono qui insieme a noi e che partecipano a quello che dovrebbe essere un dibattito e un momento di confronto particolarmente importante, dato che è stata tolta la possibilità di fare nella Commissione competente il passaggio previsto dalla nostra Costituzione.
Questo è un momento molto importante, nel quale vorrei invitare tutti a fermarsi. Viviamo in un’epoca frenetica in cui questa frenesia, questa ansia cosmica – come l’ha definita Beppe Grillo in uno dei suoi intervelli più belli – che ci prende tutti quanti, ci impone di correre in una sorta di ruota da criceti e non ci fa fermare. Fermiamoci allora un momento e chiediamoci che cosa stiamo facendo.
Stiamo veramente servendo il nostro Paese? Stiamo veramente mantenendo fede e soddisfacendo il principio del nostro mandato di portavoce dei cittadini? Siamo veramente convinti in questo momento di fare quello che i cittadini ci hanno mandato a fare qui nel febbraio del 2013? Credo di no.
Quando usciamo per le strade, quando torno nel mio quartiere popolare e multietnico, non sento parlare di Costituzione. Quando vedo l’enorme massa di poveri che vaga con sguardo vacuo per le nostre strade, non la vedo in cerca di una riforma costituzionale, ma alla ricerca di felicità. (Applausi dal Gruppo M5S).
Quando vedo l’ambiente devastato, quando vedo il Parlamento adottare provvedimenti che non tutelano l’ambiente, ma che rendono questa terra una terra di conquista, credo che non sia quello che i cittadini ci hanno mandato a fare qui.
Quando vedo l’inerzia della politica che specula sulla narrativa, che vuole il mondo popolato da persone diverse, quando si creano interessi colossali contro questa narrativa pericolosa, contro questa propaganda razzista e vedo l’inerzia del Governo, non solo nella politica interna, ma anche ai tavoli internazionali, penso ai cittadini e penso che in quel momento non stiamo svolgendo il nostro mandato, ma che lo stiamo tradendo.
Quando vedo la scuola depredata, quando vedo la sanità depredata, quando vedo che non c’è interesse per il diritto al cibo, per il diritto alla salute, per il diritto all’acqua pubblica, quando vedo che è calpestato il diritto alla conoscenza, quando vedo che non si combatte la corruzione, l’evasione fiscale e non si combatte per portare finalmente in questo Paese la cultura della legalità, del rispetto verso il prossimo e del pensiero critico, credo che, come in questo momento, stiamo tradendo il mandato che ci hanno dato i nostri cittadini.
Noi qui stiamo perdendo tempo come chi, non avendo soluzioni, non sapendo cosa fare, preso dalla disperazione, vaga come una mosca in un bicchiere e perde il suo tempo a parlare di una riforma non dico inutile, ma non necessaria in questo momento. I miei colleghi hanno già dimostrato ampiamente come non sia necessaria per tante ragioni: perché è una riforma che non velocizzerà i tempi parlamentari e non porterà un vero risparmio dei costi della politica.
Ecco, quando vedo noi stessi ripiegati a guardarci l’ombelico e a pensare ai nostri interessi meschini, gli interessi di una poltrona, di quel potere e di quella casta che non vuole essere scalzata, allora credo che tutti noi stiamo rendendo un pessimo servizio a questo Paese. Ma che cosa vuole dire questo rendere un pessimo servizio a questo Paese? Vuol dire in primis rendere un pessimo servizio alle persone che noi amiamo, perché il Paese non è fatto di cittadini anonimi, ma di amici, di figli, di fratelli, di mogli, di mariti, di vicini della porta accanto: non è fatto di numeri e non è fatto di quella precarietà con cui noi abbiamo contribuito a seppellirlo.
Un giorno faremo i conti non tra di noi, dentro a questo videogioco perverso nel quale noi abbiamo perso completamente il contatto con la realtà esterna, che non è la realtà di questi giochi diabolici di potere: io sarò eletto, tu non sarai rieletto; tu che percentuale prendi; tu quella vacca quanto l’hai pagata al suk. La scorsa settimana questo non era un Parlamento, ma un suk dove si acquistavano vacche. (Applausi dal Gruppo M5S). Vacche da mungere per un voto, vacche stupide…
PRESIDENTE. La pregherei di fare attenzione al linguaggio, soprattutto con riguardo ai riferimenti al femminile.
MONTEVECCHI (M5S). La vacca è un animale sacro in India.
PRESIDENTE. Non in Italia.
SANTANGELO (M5S). Ma vacca è.
MONTEVECCHI (M5S). Sempre vacca è. Ma non c’era alcun riferimento offensivo: è un modo dire. Se preferisce, possiamo parlare di mercato dei cammelli, tanto non ha importanza e non cambia il senso del discorso.
A me piacerebbe che tutti noi oggi ci fermassimo e riflettessimo. Abbiamo un weekend di tempo per riflettere sul vero senso di quello che stiamo facendo, per capire se quello che stiamo facendo è veramente quello che ci stanno chiedendo o se risponde a delle logiche che fuori da qui non hanno più alcun valore.
Oggi per le persone è di estremo valore vivere una vita senza più precarietà: quella precarietà che non ci fa più pensare al futuro, che ci toglie le prospettive, che ci dissuade, ci frustra, che spinge i giovani ad uscire da questo Paese; quella precarietà del sapere di cui oggi noi abbiamo contezza. Ce lo dice l’OCSE, abbiamo un grave problema in questo Paese: abbiamo il 70 per cento della popolazione colpito dall’analfabetismo di ritorno. Capite che cosa significa? Questo è grave.
Noi dovremmo combattere queste cose, dovremmo essere preoccupati di far evolvere questo Paese e non di stravolgere una Carta costituzionale che è stata scritta da persone che ben sapevano quello che volevano, che ben sapevano quale fosse l’obiettivo, ovvero quello di non tornare in un periodo buio; di progredire e assicurare a questo Paese democrazia, garanzia dei diritti. E noi oggi la stravolgiamo o vorremmo stravolgerla.
Io sono inquieta perché, se dietro a questa riforma ci fosse un disegno definito, non condivisibile ma definito, sarebbe una cosa; ma dietro questa riforma c’è il caos. Non c’è ordine, c’è caos. Noi tutti sappiamo che cosa si nasconde dietro il caos: noi tutti sappiamo – e ce lo insegna la storia – come è stato utilizzato il caos istituzionale.
Voglio, allora, esortare i cittadini perché questa battaglia non si esaurirà nelle Aule di questo Parlamento. Se il nostro Premier, per una volta in questa legislatura, manterrà la parola data, i cittadini saranno chiamati ad esprimersi con un referendum. Voglio allora concludere questo mio intervento con un appello ai cittadini. Informatevi, andatevi a rivedere gli interventi che si sono susseguiti in quest’Aula, andatevi ad informare, cittadini, arrivate a quel referendum informati e non fermatevi a guardare la televisione, ad ascoltare i telegiornali o a leggere i maggiori quotidiani, perché lì non troverete tutta la verità: lì troverete un pezzo di verità o forse una verità impacchettata. Andatevi a cercare le informazioni, fatevi un’opinione e, quando andrete a votare a questo referendum, ricordatevi le parole dell’ex presidente dell’Uruguay, Pepe Mujica, il quale disse: «Non lasciatevi rubare la vita, non lasciatevela scappare, vivetela con maggiore intensità possibile, perché la vita non ritorna». (Applausi dal Gruppo M5S).
Questa è una battaglia di cittadinanza, questa è una battaglia fondamentale e tutti voi, cittadini che ci state ascoltando, non siete chiamati fuori, ma siete chiamati a partecipare e, se potrete, a porre il correttivo all’orrore inquietante che uscirà da queste Aule. (Applausi dal Gruppo M5S. Congratulazioni).