Clamorose ed evidenti. Sono le discrepanze fra le comunicazioni ufficiali del Miur sul fabbisogno di insegnanti, previsto dalla legge per le quote di accesso all’abilitazione, ed i posti effettivamente assegnati al fine di conseguire il titolo. Prendiamo il caso dell’Abruzzo: per la scuola primaria nel triennio 2012-2015, a fronte di un fabbisogno previsto pari a 167 unità, hanno potuto abilitarsi 750 docenti; in Veneto 900 rispetto ai 205 previsti, in Campania 1770 (il fabbisogno indicava 777), in Sicilia 1124 su 560. Una sproporzione macroscopica, sui quali puntiamo in riflettori con una interrogazione a mia prima firma, cui dovrà rispondere il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli.
E non si tratta certo di casi isolati. Il concorso bandito nel 2016 per coprire il fabbisogno nel triennio 2016/2019 per Italiano, storia e geografia nella scuola media ha bandito 363 posti in Veneto, 762 in Campania e 433 in Sicilia. Tuttavia, sommando le quote del 2016 e del 2017, sono già stati assegnati 676 ruoli in Veneto (221+455), 380 in Campania (87+293), 121 in Sicilia (7+114). Ancora, per matematica e scienze nella scuola media, ambito in cui si lamenta la carenza di docenti, il concorso ha bandito 528 posti in Veneto, 259 in Campania e 199 in Sicilia. Ma sommando le quote 2016 e 2017 sono già stati assegnati 1009 ruoli in Veneto (454+555), 140 in Campania (2+138), 81 in Sicilia (0+81).
A queste difformità si aggiungono quelle arrivate recentemente con il decreto legge 59 del 13 aprile scorso su “Riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria”, che fissa i criteri per il bando di accesso ai prossimi percorsi triennali FIT (Formazione iniziale e tirocinio, in sostituzione del percorso annuale TFA).
L’istituzione della FIT sembra infatti non tener conto l’omogeneità di trattamento, perché per i docenti di scuola secondaria superiore di primo e secondo grado pone delle condizioni di accesso e dei requisiti formativi molto più severi di quelli disposti dagli altri Paesi dell’Unione Europea, dalla provincia autonoma di Bolzano (dove rimane in vigore il TFA della durata di un anno), e addirittura più severi di quelli in vigore per coloro che aspirano all’insegnamento nella scuola primaria, per i quali è sufficiente la laurea in scienze della formazione.
Il risultato è che la condizione di accesso programmato per conseguire l’abilitazione ha finora disatteso il suo scopo, cioè il conseguimento dell’abilitazione e l’immissione in ruolo. Alla Fedeli chiediamo provvedimenti per controllare la coerenza dei dati relativi al rapporto tra accesso programmato per conseguire l’abilitazione e il fabbisogno regionale per l’immissione in ruolo sia nella scuola primaria che secondaria.