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MONTEVECCHI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MONTEVECCHI (M5S). Signor Presidente, colleghi, anche noi del Movimento 5 Stelle ci uniamo al profondo senso di imbarazzo già manifestato dai colleghi che mi hanno preceduta in fase di dichiarazione di voto. Ci uniamo anche al senso di frustrazione che si prova quando ci si ritrova esautorati del proprio potere e violati in quelli che sono i nostri principi fondamentali di organo che dovrebbe legiferare.
Non riusciamo neanche a comprendere lo stato di perenne «tossicodipendenza» che l’Esecutivo manifesta con i decreti omnibus e sindrome da ultimo treno, di cui non riesce a liberarsi: quell’ultimo treno, dopo il quale pare non ve ne saranno altri e quindi si è sempre costretti ad operare in fase emergenziale. Dunque da qui il bisogno di dover sempre allargare il perimetro e far confluire in modo forzoso e strumentale una serie di norme eterogenee dentro un contenitore, fino a deformarlo e a svilirne il disegno.
Entriamo del merito e, come accennato, l’eterogeneità dei contenuti del provvedimento svilisce l’argomento più importante, il cuore, di questo decreto-legge, che è il rafforzamento della tutela delle donne e il fornire alle associazioni che operano sul territorio strumenti per far sì che anche la loro azione sia tutelata e rafforzata da una sponda legislativa.
Non dimentichiamo, inoltre, come ha già accennato la collega Giannini, che questo provvedimento segue la ratifica della Convenzione di Istanbul e una serie di provvedimenti attuativi minori che da essa sono derivati.
Tuttavia, come hanno già osservato ampiamente i colleghi, ci sono riflessioni da fare sull’iter stesso dei lavori parlamentari che, come ha ricordato il senatore Palma all’inizio della discussione, non solo mettono in discussione la costituzionalità di questo modo di procedere, ma anche l’essenza stessa del nostro bicameralismo. Infatti, l’Assemblea del Senato è stata esautorata non solo perché si ritrova a dover esprimere un giudizio su un provvedimento a scatola chiusa, senza neanche avere la prerogativa di avviare una riflessione approfondita e articolata sullo stesso, ma anche perché proprio in questa Camera si era avviato l’esame di un disegno di legge che accorpava le varie proposte avanzate in questa materia. Si tratta, quindi, di un’esautorazione duplice, che fa sentire doppiamente il peso della frustrazione.
Le audizioni svolte alla Camera dei deputati di associazioni che operano nel settore hanno letteralmente demolito alcuni aspetti essenziali di questo decreto-legge. È stata espressamente richiesta, per esempio, la soppressione della irrevocabilità della querela, per evitare il rischio che la donna, quale parte lesa, temendo ritorsioni, fosse disincentivata alla denuncia, in mancanza di una reale tutela che assicurasse un percorso di uscita da queste situazioni di violenza. La revocabilità è stata reintrodotta, ma solo in sede processuale.
Analogamente, era stata chiesta da queste associazioni e, poi, da noi, che ce ne siamo fatti portavoce, e non ottenuta la soppressione del divieto di proroga delle indagini preliminari: un’altra arma a doppia lama, che rischia di favorire l’indagato, se non utilizzata con cura, a discapito della vittima e della completezza dell’indagine.
Allo stesso tempo, le misure di prevenzione previste dall’articolo 3 rappresentano una goccia nel mare, in confronto alla tutela che occorrerebbe per le vittime. La definizione di violenza domestica non è congruente con quella della Convenzione di Istanbul.
Non sono state affrontate con mano ferma vere priorità: il finanziamento strutturale dei centri antiviolenza, la formazione nelle scuole (che comunque, sì, è stata introdotta, vi è un suggerimento in nuce, ma forse poteva essere fatto molto di più), e anche nelle forze di Polizia, che rappresentano l’unica polizza assicurativa che possa contribuire a invertire la deriva culturale in questo nostro Paese.
Poi, come già ricordato, sono state aggiunte tante altre norme palesemente estranee.
Noi non parteciperemo al voto su questo provvedimento perché non vogliamo relegarci nel ruolo dell’innamorata che perdona sempre il proprio innamorato e rimanda la punizione alla volta successiva, perpetuando così, ancora una volta, la violenza, il sopruso e la mancanza di rispetto. (Applausi dal Gruppo M5S).
Noi diciamo «no, non ci stiamo», e non parteciperemo a questa votazione. (Applausi dal Gruppo M5S. Congratulazioni).