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Cultura come slancio, fattore di promozione, propulsore di sviluppo, anche economico. Il mio intervento a Scanzano Ionico

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Quella di una settimana fa a Scanzano Ionico è stata una serata ricca di conoscenza, informazione e soprattutto di condivisione. Ho incontrato persone e iniziative speciali come quella del Biblio-motocarro, o come i giovani studiosi che, orgogliosi della loro terra, diffondono anche tra i più piccoli i valori dei reperti archeologici a Marina di Ginosa, una sepoltura di età ellenistica che racconta il grande passato di questo territorio. Ed anche io ho vissuto la magia del Parco Archeologico immerso nei colori di fine autunno.

Il tema centrale della serata, come annunciato dai dinamici organizzatori del M5S Scanzano Ionico, ruota intorno ad un interrogativo di fondo: se e come con la cultura si può fare economia, valorizzando le potenzialità di un territorio.

Nel mio intervento di sintesi rispetto alle tante, stimolanti istanze pervenute da relatori e pubblico, ho cercato di affrontare quelli che per me sono e restano i capisaldi per voltare pagina con una visione nuova su gestione, fruizione e valorizzazione dei Beni culturali, in chiave propulsiva dell’economia e dello sviluppo. Ne riporto qui i passaggi principali.

LA CULTURA DI QUI AL 2025 – Quando parlo di beni culturali in relazione allo sviluppo del nostro Paese riporto spesso una citazione di Bob Marley: un popolo senza la memoria del proprio passato è come un albero senza radici. Ma un albero ha anche i rami che tendono verso il futuro. In un momento storico nel quale molto ci interroghiamo su quali saranno gli scenari del mondo del lavoro, su come cambieranno, il Movimento 5 Stelle ha promosso e finanziato uno studio, Lavoro 2025, sulle dinamiche evolutive del pianeta occupazione di qui, appunto, al 2025. E abbiamo capito che la cultura occuperà un posto sempre più importante nel nostro futuro, perché in un domani nel quale siamo destinati a vedere tante nostre mansioni ricoperte e sostituite dalla macchina e da intelligenze artificiali, in primo piano, a fare la differenza, ci saranno la creatività, le idee, il territorio, il patrimonio immateriale che è fatto di tutti gli usi, costumi, la musica, l’arte, la tradizione legata ad un sapere che a volte non si trasmette neanche per iscritto, si trasmette oralmente. E noi rischiamo di perdere anche questa capacità, questo patrimonio della trasmissione orale del sapere, proprio perché esiste una difficoltà nella lettura.

LA LETTURA – Vorrei un po’ sdoganare la lettura dal libro in sé, perché io sono una millenials, non sono una nativa digitale, sono ancora legata alla materialità del libro. Però, nell’ottica di un mutamento, del modo anche di fruire non solo della cultura, ma anche del modo di compiere attività come la lettura, preferisco sganciare il concetto di libro dal concetto di lettura, in modo da ricomprendere tutte le generazioni e focalizzare l’importanza della lettura come atto non solo di acquisizione di una informazione e di una storia e di un sapere legato alle storie che nei libri sono narrate, ma ci dà anche la facoltà di elaborare e di restituire qualcosa. E’ questa la grande difficoltà che noi oggi abbiamo, e ce lo dicono i dati dell’Ocse: purtroppo in Italia abbiamo un grave problema di analfabetismo funzionale: è il non saper restituire dei contenuti, non saper sintetizzare, analizzare. Allora la lettura è fondamentale per questo ed è fondamentale anche per conservare la nostra lingua, che è in serio pericolo, perché dalla lettura deriva la conoscenza.

LA BASILICATA COME LA CULTURA, ESISTE SE CI CREDI – In un futuro in cui gli scenari del lavoro sono destinati a cambiare, in cui avranno sempre maggiore spazio la creatività, le idee, quindi la capacità di produrre un valore aggiunto immateriale, che potrebbe poi generare a sua volta un valore aggiunto materiale, diventa importante ragionare di cultura in termini di sviluppo. Mi è piaciuto l’intervento del regista Francesco Ghiaccio: la Basilicata è come la cultura, esiste se ci credi, e io aggiungerei: esiste il valore economico della cultura in termini di sviluppo se ne parli, perché poco se ne parla, lo si fa nei luoghi degli addetti ai lavori, ma nella informazione main stream è difficile che sentiamo parlare di coltura in termini di opportunità. Il termine “volano” non mi piace, perché ricorda personaggi che poco hanno dato a questo Paese, mi piace parlare di slancio, fattore di promozione, di propulsore di sviluppo, anche economico.  

NUMERI CHE PARLANO – Dal rapporto 2017 di Symbola, una delle poche realtà che si prende la briga di elaborare questi rapporti e di mettere in relazione due dicasteri, il MEF e il Mibact, che si parlano a fatica, emerge che il sistema produttivo culturale creativo in Italia, quindi tutto quello che riguarda l’industria culturale (arti, patrimonio storico artistico, etc.) produce il 6 per cento della ricchezza in Italia: una percentuale altissima, che vale qualcosa come 89,9 miliardi di euro. Poi c’è il moltiplicatore, cioè per ogni euro che viene investito in cultura se ne generano 1,8. Allora, se riprendiamo il valore di 89,9 miliardi, arrotondiamo a 90, possiamo dire che questi 90 miliardi stimolano nel complesso circa 160 miliardi. I numeri sono astratti e non sempre traducono la realtà, però sono importanti, e allora è vero che la cultura è un propulsore di sviluppo economico.

E allora se è vero che la cultura dà lavoro a 1,5 milioni di persone, che rappresentano il 6% degli occupati in Italia, con un tasso di crescita dell’1,5 per cento, perché continuiamo ad avere problemi, dimenticandoci di questi numeri? Quali sono i problemi? Innanzitutto gli investimenti, L’Italia purtroppo, nonostante un leggero cambiamento di rotta, continua ad essere un paese che investe poco nel settore cultura se paragonata ad altri membri UE. Siamo ancora fermi al palo dello 0,20% del Prodotto interno lordo, su una media europea che è circa l’1,5% del Pil.

L’Italia è anche il paese che, tra 82 esaminati, crede solo relativamente all’importanza del turismo come fattore di sviluppo. Infatti, da uno degli ultimi studi diffusi dall’organismo internazionale del commercio, risulta che l’Italia è in quarantesima posizione per gli investimenti nel settore del turismo, benché l’Italia sia un attrattore importante del turismo. Questo dimostra che la prima difficoltà è quella di CREDERE nella cultura e nel turismo.

UNA TRAMA DI FILI D’ORO –  La cultura non fa mangiare, come diceva qualcuno? Fa mangiare molto, purtroppo, ma non gli operatori, il tessuto diffuso di coloro che a vario titolo operano nell’ambito dei beni culturali e del turismo, fa mangiare grandi realtà, grandi soggetti, fondazioni, poli, tutti luoghi che purtroppo in Italia sono utilizzati politicamente come area di parcheggio, o momentaneo impiego, di persone in passato politicamente impegnate. Ovvero, c’è un sistema politico che si “ingrassa” e fa affari sulla cultura. Il punto è che questa ricchezza non è capillarmente distribuita, perché sono anni che si portano avanti agende politiche a livello nazionale che penalizzano la diffusione sul territorio della cultura e del turismo e mettono in difficoltà gli enti locali, che fanno miracoli, e si portano avanti le agende politiche dei grandi eventi, delle grandi realtà, come se l’Italia fosse fatta solo di grandi realtà, per poi in modo schizofrenico rendersi conto che queste politiche congestionano le grandi città, creano problemi di sostenibilità. E allora si inventano delle piattaforme – notizia recente del Sole 24 ore – per decongestionare le grandi città e indirizzare i turisti verso i territori interni. Questo dunque è un altro problema: la schizofrenia delle agende politiche. E’ una mancanza di visione, perché è come non essere consapevoli del fatto che sul territorio italiano si stende un tessuto prezioso di tesori che non possono essere dimenticati. Non è una trama fatta di tanti, grandi disegni, è una trama fittissima, con fili d’oro che disegnano tanti gioielli. E dimenticarsi di questo significa anche dimenticarsi delle comunità che vivono in quei territori perché ,per quanto prezioso a livello internazionale, per quanto importante possa essere un luogo o un ritrovamento, poi ciascuno di noi può avere accanto sul territorio un rudere che ad un visitatore in apparenza può sembrare poca cosa, però dal punto di vista della propria storia individuale, d’identità, è importantissimo. Quindi va recuperata una visione d’insieme, non una visione per grandi poli, va recuperato quel tessuto, ed è una questione puramente di agenda politica perché è da qui che ci sono poi le ricadute anche a livello locale e di investimenti.

IL VOLONTARIATO? BENISSIMO, MA NON BASTA – Dalla mancanza di visione discendono gli scarsi investimenti a livello statale, con pochi soldi messi nelle varie leggi di bilancio, e una scarsa visione del tessuto. E scarsa valorizzazione delle figure professionali che operano nei beni culturali e del turismo: noi non abbiamo ancora un riconoscimento giuridico di alcune figure professionali. E così abbiamo dei professionisti dimenticati, non valorizzati. E invece sono fondamentali perché, ad esempio con progetti e laboratori all’interno delle scuole, non solo il nostro patrimonio artistico viene presentato sotto una luce diversa, non più astratta bensì come qualcosa di concreto, ma queste iniziative stimolano la nostra fantasia, anche quella di coloro che, aridi, non comprendono il valore di quelle che per loro sono solo due pietre che sbucano dal terreno, e che invece custodiscono il nostro passato. Tutto questo serve ad avere strumenti in più per comprendere la realtà che viviamo oggi e comprendere le sfide che il presente ci impone e quindi far vivere quel sasso che non è più un sasso, ma diventa una testimonianza, una bussola per orientarci nel presente e nel futuro. Già solo per tali motivi, queste figure andrebbero valorizzate, non è solo per dirmi se la fattura di un vaso è di età micenea o di altra era, è la funzione sociale che queste figure svolgono, che si ricollega direttamente alla funzione sociale della cultura nelle nostre vite.

GETTARE I SEMI – Manca una conoscenza che parta dalla scuola. Perché l’obiettivo è gettare dei semi per avere una generazione di adulti non più con dei bisogni, ma con delle richieste. E’ questo lo scatto necessario: devo arrivare a non avere più bisogno della cultura, ma ad esigere la cultura. E arrivo ad esigere la tutela, la conservazione e la valorizzazione del mio patrimonio culturale materiale e immateriale, se fin da piccolo è stato messo in me il seme della sensibilità e della conoscenza di quello che ho. Se non conosco quello che ho e le potenzialità che mi dà, io non esigerò la sua tutela.

Anche la cultura ha bisogno della ricerca, in tutte le declinazioni che ha, perché parliamo di patrimonio artistico, di manufatti architettonici, di dipinti, quindi di restauratori, nuovi metodi diagnostici, per il restauro, per il recupero, di nuovi metodi per la fruizione della cultura. Perché, come dice il saggio, quando il vento comincia a spirare molto forte, quasi tempesta, lo stolto alza i muri, il saggio costruisce mulini a vento. In un mondo che cambia, che tecnologicamente ci porta a cambiare anche nostro modo di fruire della cultura, noi dobbiamo trovare nuovi modi di fruizione, perché è nostro compito accompagnare ed attrarre persone che nascono con una cultura diversa dalla nostra, dobbiamo saper parlare la loro lingua. E allora c’è tutto un campo della ricerca legato alla fruizione del patrimonio culturale, che ha una duplice valenza: non solo avvicinare le persone, i giovani alla fruizione, ma ampliare le possibilità di patrimonio anche per chi porta disabilità, o non può viaggiare. e non può essere lasciato indietro.

HANNO FATTO UN DESERTO E LO CHIAMANO SCUOLA –   A scuola c’è il deserto, arriviamo da una riforma devastante della scuola che comincia in epoca gelminiana, quando dicevano che con la cultura “non si mangia”, ma loro ci hanno mangiato molto, ad esempio introducendo nome per la privatizzazione dei servizi all’interno delle strutture museali, norme che hanno generato un pullulare di società private che poi, andando a guardare bene come erano costituite, conducevano sempre a u politico dir riferimento. Però si è dato un bel colpo di spugna alle materie umanistiche dentro la scuole e il primo a pagarne le conseguenze è stato l’insegnamento della storia dell’arte. E’ stato quello, il punto di non ritorno del lungo periodo in cui c’è stato un progressbvo allontanamento del cittadino dalla cultura.

Poi è arrivata la “Buona scuola”, con in quel famoso comma in cui si parlava di reintrodurre l’educazione alla cittadinanza, la conoscenza della Costituzione, etc, e poi storia dell’arte, educazione ambientale, educazione alla legalità, tutte cose meravigliose, peccato  che il comma prevedesse di fare tutto questo a costo zero. E torniamo al punto: se non investi è perché non ci credi.  

La scuola è importante perché se sa creare un rapporto di fiducia allora crea valore. E dove  tu crei valori alleggerisci lavoro del politico, perché nessuna legge funziona se non esiste il valore. E se se ci fossero più valori avremmo bisogno di meno leggi. Il cittadino spontaneamente partecipa e c’è meno bisogno di leggi per tutelare i beni culturali dalle aggressioni di persone che non hanno questa sensibilità. Così come è importante, ed è la mia battaglia da sempre, un altro principio: io mi arrabbio se si parla solo di volontariato nel mondo dei beni culturali. Invece, in tutta questa legislatura si è andati avanti così: non si investe perché, tanto, c’è il volntariato… 

Ma il volontariato può fare attività collaterali, non svolgere il compito del professionista. E’ un concetto da scardinare, che generalmente viene mascherato dalla mancanza di risorse. E’ giusto invece retribuire adeguatamente il professionista, così come è giusto promuovere le azioni di volontariato, ma è profondamente ingiusto e scellerato affidare a volontari mansioni che devono essere svolte da professionisti.

Chiudo con una frase di Einstein: anche qualora la cultura non generasse valore aggiunto andrebbe sostenuta e finanziata perché, come diceva Einstein, non tutto quello che conta può essere contato.

QUI IL 

VIDEO DELLA SERATA A SCANZANO

Il Biblio-Motocarro

Il Parco Archeologico

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