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Video: Intervento in dichiarazione di voto al Senato sul DL Cultura

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“Presidente, Ministro, relatore, in premessa mi aggiungo alle critiche già fatte dalla collega Petraglia e dal collega Centinaio in merito alla metodologia del lavoro che è stato fatto su questo decreto, che è stato pubblicato sfortunatamanete, ahimè, alla vigilia della pausa estiva e ci ha costretto a lavorare in modo celere e sempre con il campanello emergenziale pronto a suonare. Non è questo il modo di procedere e la collega Petraglia ha spiegato chiaramente e in modo puntuale il perché. Ci auguriamo quindi che in futuro si abbandoni definitivamente questo modo di lavorare. Sarebbe un grande segnale di presa di coscienza dell’abbraccio mortale in cui sono strette le larghe intese. Detto questo, è inevitabile che un provvedimento come quello che siamo chiamati a votare giunga non solo per colmare un vuoto ma per denunciare un ritardo. Paolo Fallai, nel «Corriere della sera» del 23 settembre, notava che fa un po’ effetto assistere ad una serie di polemiche non appena un Ministro decide di mettere mano e porre ordine in una materia così varia e articolata, in specie trovandoci – dopo molti anni – dinanzi al tentativo di racchiudere temi e occorrenze sotto l’egida di un unico disegno di legge, e non polverizzare e disperdere l’azione legislativa in una serie di interventi più circoscritti e frammentati che sgranerebbero la visione d’insieme. Ahimè, all’omogeneità delle premesse risponde una disomogeneità del contenuto o, per dir meglio, di contenuti diversi tenuti insieme più dal filo che li lega fra loro, ovvero il comun denominatore dei beni culturali, che non effettivamente un disegno di ampio respiro. E anche questa volta abbiamo perso un’opportunità. Anche a scorrere velocemente gli emendamenti all’articolo 1, si scorgono facilmente le preoccupazioni affiorate in merito alla figura del direttore generale di progetto e alla sua sostanziale e riacquisita autonomia, in particolare in merito al conflitto che potrebbe ingenerarsi a diversi livelli con la soprintendenza. È stata nostra preoccupazione (entro una deriva premiale di trasparenza ed efficacia, che sono i principi che ci ispirano sempre) segnalare con un emendamento specifico l’esigenza di affidarsi alla stazione unica appaltante, anche al fine di evitare condizionamenti e infiltrazioni di stampo camorristico, così come sottoporre alle Commissioni parlamentari competenti e ad ulteriori vagli la valutazione della nomina stessa del direttore generale di progetto, e valutare il suo operato in relazione ai reali ed effettivi obiettivi via via raggiunti. E speravamo onestamente che, dopo quella che il collega Centinaio ha definito una gita scolastica a Pompei, questo emendamento fosse accolto, e così non è stato; anzi, con un emendamento presentanto sul filo del traguardo, negli ultimi minuti della seduta della Commissione, è stato presentato un emendamento che prevedeva la nomina addirittura del vice direttore generale. E qui cito Dante: il più «bel tacer non fu mai scritto» su questo emendamento. Non occorre commentarlo. Il Grande Progetto Pompei accoglie idealmente una lunga serie di provvedimenti e di interventi normativi che si sono susseguiti dagli anni Settanta fino ad oggi, tanto che, tornando dove si eran prese le mosse, ci si può chiedere soltanto perché avere aspettato così tanto tempo per realizzarlo, dopo i crolli che si sono susseguiti, senza riuscire ad opporsi a uno stato di degrado che ha posto la salvaguardia stessa del sito sotto i riflettori dell’opinione pubblica e della stampa nazionale e internazionale, che qualcuno ha voluto vedere come il vero problema di Pompei. Abbiamo inoltre cercato di estendere la valorizzazione dei beni culturali all’area campana in senso più esteso. All’articolo 2 si passa all’inventariazione e alla digitalizzazione del patrimonio culturale italiano, ed è una necessità, questa, che deve essere valutata entro la grande trasformazione tecnologica e digitale. Una squadra di 500 giovani selezionati ad hoc provvederà al compito, e noi ci chiediamo perché non 5.000 giovani anziché 500 giovani. Andrebbe poi salvaguardata la trasparenza delle procedure di selezione per poi inquadrarli anche in modo più duraturo, utilizzando in futuro le competenze acquisite, senza disperderle come spesso accade in Italia. Utile sarebbe anche avvalersi e garantire una forte copertura nazionale in questo progetto, e non lasciare che anche questo progetto finisca, come tanti, nella categoria delle opere belle ma incompiute. All’articolo 3, se l’effettiva fruibilità dei beni culturali è premessa e conseguenza al tempo stesso della loro salvaguardia, la promozione della lettura e della recitazione che troviamo all’articolo 4, insieme allo sviluppo delle biblioteche e degli archivi, è trattata – mi scusi, Ministro – con un approccio miope e presbite a un tempo, laddove ne occorrerebbe, a parer nostro, uno ben più tagliente, trasversale e radicale. Non abbiamo fatto certo mistero del fatto che si avverta una decisa sproporzione fra il Grande Progetto Pompei e i Nuovi Uffizi. Già il collega Centinaio, con un gesto di grande coraggio, ha nominato l’innominabile a questo proposito. Due poli che sono sicuramente di indubbia eccellenza a livello mondiale. E il Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah, all’articolo 5, in questa chiave che ci vuole un po’ malpensanti e dubitosi, ci verrebbe quasi quasi da pensare che il cospicuo finanziamento ricevuto fosse più un obolo versato dal Governo alla città di Ferrara e a chi da quella città di Ferrara proviene e siede tra i banchi del PD. All’articolo 6, nei cosiddetti “centri di produzione di arte contemporanea”, l’approccio è enfatico e comunque farraginoso. Si coinvolge addirittura l’Agenzia del demanio, senza che si comprendano i criteri con i quali i giovani artisti che dovrebbero usufruirne debbano venire selezionati. Ci siamo comunque adoperati affinché venissero ampliate le agevolazioni ai giovani artisti che, nel decreto così come è stato concepito all’origine, erano ridicole (per non dire che fossero una presa in giro), e questo per portare queste agevolazioni in sintonia con gli standard europei. Parimenti enfatico e farraginoso ci appare, attraverso alcuni emendamenti venuti nelle intenzioni a completare il quadro, il modo di affrontare il nodo del turismo che, sembra superfluo dire, è di importanza vitale per il nostro Paese. Lei ha annunciato che provvederà a colmare questa lacuna con un decreto appositamente pensato per il settore turistico. Noi ci auguriamo che tutti questi input e sollecitazioni che le stiamo dando siano recepiti in fase di redazione di questo decreto. Fortunatamente, l’emendamento che prevedeva l’istituzione di una scuola di alta formazione per le professioni turistiche è stato ritirato. Infine, abbiamo salutato con favore tutte le norme che intendevano riconfermare e stabilizzare l’uso del finanziamento tramite il tax credit, nonché estenderlo alle discipline della musica e, al tempo stesso la semplificazione nell’erogazione dei finanziamenti, in particolare dei privati, e dei relativi sottostanti sgravi fiscali. Anche se qui un nostro emendamento di buon senso che tendeva a far sì che queste donazioni non avessero fini di lucro non è stato accettato. L’altro nodo fondamentale era quello delle fondazioni lirico-sinfoniche. Ahimè anche qui latitano criteri di merito inerenti alle future amministrazioni e commissari straordinari. Anche in merito al personale e al suo ricollocamento poteva essere fatto qualche cosa di più, per assicurare che il ricollocamento avvenisse sul territorio e per non ritrovarci una marea di persone da ricollocare, stravolte nella loro vita quotidiana perché dislocate in territori lontani. Salutiamo invece con favore il fatto che sia stato accolto un nostro emendamento in merito agli interessi anatocistici eventualmente corrisposti agli istituti bancari che provvederà, nel caso, al recupero di somme da portare poi in fase di ristrutturazione e rinegoziazione del debito come motivo di compensazione. Mi associo all’intento della collega Petraglia dicendo che anche noi – e lo sapete bene – come Movimento 5 Stelle faremo un fiato sul collo incessante per verificare che le norme contenute in questo decreto-legge trovino attuazione perché il problema in Italia è che si possono anche fare decreti belli e con norme efficaci, sulla carta, ma che poi rimangono invece dimenticati nell’oblio. Infine noi come Gruppo, pertanto, pur apprezzando i lati positivi di questo decreto, ci troviamo in una posizione di profonda critica (basti pensare al MAXXI, come hanno già detto i miei colleghi precedentemente), e pertanto, nella valutazione del decreto nella sua complessità, partendo dal presupposto di rimanere saldi ai valori e ai principi che ci ispirano e alle parole che fanno sì che noi ci possiamo identificare come Movimento in un movimento di persone che pone nella propria scala ai primi posti i valori della trasparenza e del merito, ci troviamo come ho detto in una posizione molto critica e per coerenza a questi principi noi ci asterremo dall’emettere un giudizio su questo decreto. Un’ultima considerazione, che è un afflato di speranza con cui vorrei si concludesse il nostro intervento: la cultura è l’unica risorse che abbiamo per non passare con indifferenza attraverso i giorni della nostra vita. Io la invito, signor Ministro, a fare sua e a tenere cara questa considerazione.”

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